Il lungo percorso verso la cittadinanza smart passa dalla disruption della Pubblica Amministrazione

La domanda che ho interiorizzato nel tempo è: “Come può questo paese essere smart se complichiamo anche le cose più semplici?”

Vivere in Italia significa barcamenarsi tra procedure burocratiche complicate, dove anche le innovazioni non riescono a staccarsi dallo strato burocratico storico, aggiungendo provvedimenti di semplificazione che in realtà si incastrano in un dedalo di ulteriori norme. Il risultato è sorprendentemente deludente e abbiamo ancora molta strada da fare per poter essere all’altezza delle migliori realtà mondiali.

Questo triste assioma, si applica a tutto quello che ha a che fare con la Pubblica Amministrazione. Ad esempio non c’è da stupirsi infatti di come si debba prenotare in Agenzia delle Entrate alle sei del mattino per il giorno stesso. Sembra incredibile ma è esattamente così.

Ancora più tristemente, nel groviglio burocratico i diritti non sono mai bilaterali. O meglio, nessuno vi dirà mai che lo stato vi neghi i diritti, tuttavia nella pratica è molto difficile farli valere in modo reciproco ed equivalente. Il cittadino, suddito, deve ottemperare in modo ligio, puntuale e preciso - senza troppo spazio per ignoranza ed errori. Lo stato si può prendere libertà che il cittadino non si può permettere, salvo incappare in sanzioni.

Mi vorrei soffermare un attimo sulle ultime normative del Codice di Amministrazione Digitale, in merito all’opensource e al loro reale impatto. Quello potenziale, a parte trascurare a mio avviso l’impatto sul tessuto economico, è bellissimo: tutto opensource e condiviso. Spettacolo.

Il CAD prevede la priorità di acquisizione di soluzioni opensource rispetto alle soluzioni proprietarie. C’è tuttavia una scappatoia: basta una dichiarazione che indichi la non compliance dell’opensource rispetto agli obiettivi (anche economicamente parlando, ovvero che per realizzare un prodotto FOSS non si debba spendere un fattore 10x) che la stazione appaltante può acquisire un prodotto la qualsiasi.

Secondo voi chi mai dovrà fare la dichiarazione al posto del dirigente di turno? L’ennesima scartoffia a carico delle aziende italiane, introdotta involontariamente dall’eccellenza digitale italiana che dovrebbe rappresentare l’AGID.

La domanda che ho interiorizzato nel tempo è: “Come può questo paese essere smart se complichiamo anche le cose più semplici?”

Parliamo tanto di Smart city, ma essere smart non vuol dire avere sensori sparsi per la città o analitiche particolari per decisioni migliori. La tecnologia usata in questo modo rende dumb, non smart.

Bisogna passare dalla cultura e dalla formazione. Sarebbe auspicabile fare in modo che le smart city siano costruite dal basso, interagendo con cittadini smart. La partecipazione civica è fondamentale per costruire il futuro ma questa non può scontrarsi con la struttura refrattaria della Pubblica Amministrazione.

L’evoluzione delle città passa quindi da una vera distruption dei processi di amministrazione delle città. La Pubblica Amministrazione deve necessariamente ripensarsi in modo drastico, senza troppa burocrazia e passaggi inutili, introducendo cultura e interconnessioni fondamentali.

Voglio crederci.